Elementi di architettura

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Dalla quarta di copertina: La teoria degli ‘ordini’ è stata tradizionalmente la base per la trattazione degli ‘elementi di architettura’, sinché negli anni cinquanta Ernesto Nathan Rogers non incominciò ad affrontare l’argomento in chiave fenomenologica e non più stilistica cercando di avviare una riflessione sugli elementi dell’architettura a partire dai presupposti della tradizione moderna. Più recentemente la critica radicale ha visto nell’architettura il  modello dell’ordine gerarchico e totalitario e di conseguenza ha invalidato ogni tentativo di ricostituire una sistematica dell’architettura, ma questo non deve ridurci a trattare dell’architettura soltanto attraverso le voci di un dizionario. Comunque sia, la parola architettura ha che fare con l’idea di arché, di principio, di cominciamento, di fondazione, così come con quella di struttura, e non potremo sottrarci al confronto con queste nozioni. Dunque, l’intenzione di questo libro è di affrontare le condizioni che rendono ancora possibile dare una ragione del prodursi del fenomeno architettonico prendendo in considerazione talune evidenze,  e nel prendere in esame gli ‘elementi’ in quanto fattori che entrano in gioco in una situazione. Dell’inizio si parla partendo dalla fine, da quell’attuale incontro col mondo che a ciascuno è dato di fare. Per questo, ciò di cui il libro parla potrà apparire imperfetto, impuro o accidentale, al punto che si potrebbe trovarlo abbastanza distruttivo. Qualcuno potrà dire che, nella pretesa di individuare i rudimenti della pratica architettonica contemporanea, in queste pagine si  afferma che:  non esiste nessun Luogo; il concetto della Natura è il caos; un’inestricabile rete di flussi domina l’Ambiente; la performance ha preso il posto dell’Arte civica; l’illusionismo delle immagini ha tolto alla Rappresentazione la sua validità; l’architettura è consegnata ai ‘capricci’ dell’Allegoria; l’esistenza di ‘contenitori’ vanifica la nozione di  Tipologia; una turba di  errabondi scorrazza per il Territorio; un inesorabile ‘declino’, sia pure di ascendenza epicurea, coinvolge il Progetto. Dalla lettura del testo si capirà che lo sforzo intrapreso è volto ad aiutare gli architetti a dirigere in maniera più appropriata l’uso degli strumenti nella situazione attuale, e non ad abbandonare la squadra e il compasso.

Scheda di Bianchetti, C. L’Indice del 2000, n. 03 Il contrapporsi di posizioni radicalmente differenti circa le condizioni nelle quali può darsi il progetto è quanto ha segnato il dibattito in architettura degli ultimi mesi. Un importante contributo a questo dibattito è dato dal testo di Nicolin, che, prendendo posizione circa la mancata effettualità del progetto moderno, si contrappone implicitamente a quelle posizioni che ne pensano ancora possibile il recupero. Categorie di progresso e regresso, modernità e tradizione, universalità e localismo, vantaggio e svantaggio sono sempre suscettibili di capovolgersi rapidamente l’una nell’altra, e ciò comporta nuove domande sulle condizioni che rendono ancora possibile il fenomeno architettonico. Bisogna quindi rivedere il sistema di classificazione ereditato dall’Ottocento, pensare all’analisi del territorio come registro del prodursi delle differenze, senza vedere nel divenire e nel caos qualcosa di negativo, sforzandosi di cogliere i segni del mutamento. Nessun rimpianto per un’idea della città come macchina programmabile, ma anche nessun entusiasmo per le descrizioni più consuete del territorio postmoderno. L’angolazione, dichiaratamente fenomenologica, insegue la molteplicità dei fenomeni intermedi, le varie forme di sconfinamento, di transizione, di incertezza rifuggendo da categorie già collaudate. Il libro è costruito nella memoria rogersiana che induce a trattare gli “elementi di architettura” a partire dalla disamina delle condizioni circa ciò che è mutato e delle nuove evidenze che coinvolgono un fare architettura che non si accontenta di commentare le condizioni della sua crisi.